giovedì 26 luglio 2012

Perché continuo a scrivere in italiano?

A volte me lo chiedo. Perché continuo a scrivere in italiano? Non è neanche la mia madrelingua. A volte mi verrebbe voglia di scrivere in ungherese. Nel primissimo post di questo blog, due anni fa, ho scritto che lo consideravo anche un mezzo per continuare a scrivere in italiano, per tenermi in allenamento con l'italiano, oltre che per non perdere il contatto con gli amici italiani, di cui sentivo l'immediata mancanza. Come passa il tempo, però, sento sempre di più l'esigenza di tenermi in allenamento pure con l'ungherese. E pure l'esigenza di mantenere i contatti con i miei amici ungheresi. Come fare quindi? Non ho tempo per scrivere in doppia lingua o per cominciare un altro blog per gli amici ungheresi. 

E da qui parte anche una riflessione più ampia. Questa settimana sono in Ungheria e mi rendo conto della confusione linguistica in cui mi trovo e quanto questa situazione arricchisce la mia vita e la mia persona. Trovo una gioia naturale nel viaggiare tra i miei tre paesi e sentire parlare una lingua diversa in tutti e tre. E' una vera gioia sentire parlare in italiano ovunque intorno a me in Italia, e trovo la stessa gioia nel sentire parlare ungherese ovunque intorno a me in Ungheria. Per altri la lingua è solo un mezzo, per me è anche un'emozione, un életérzés...

In un mio mondo ideale riuscirei a parlare in un misto di italiano-ungherese-inglese(-svedese?), in cui potrei usare la prima parola che mi viene in mente e non dovrei tradurre espressioni uniche ed intraducibili, e tutti mi capirebbero. Ma questo mondo ideale non esiste, e io devo interagire con le persone in una lingua sola alla volta. Non si tratta più di identità (come raccontato in questo post tempo fa), ma di auto-espressione e di naturalezza. Nel senso che non mi sento più completamente me stessa in nessuna di queste lingue.

Creato con Wordle

Poi mi viene in mente la storia dell'esperanto e del tentativo (fallito) di creare una lingua unica per tutti gli abitanti del pianeta. Un'iniziativa nobile. Ma come si fa a mettere insieme tutte queste lingue incredibilmente ricche che si parlano sulla terra? Qualsiasi lingua artificiale non può che essere riduttiva. Al corso SFI ho sentito dire a un americano che da anni studia lo svedese quanto sarebbe bello se tutti parlassero la stessa lingua su questa terra. L'inglese o qualsiasi sia, basta che sia una sola, così ci capiremmo tutti. Un sogno comprensibile ma per me inimmaginabile. Voi riuscite ad immaginarlo? Che tutti parliamo la stessa lingua? Io non solo non riesco ad immaginarlo, ma non lo vorrei mai! Che impoverimento che sarebbe per l'umanità! Potersi e doversi esprimere in una lingua sola... Nessuna lingua è perfetta. Nessuna può esprimere perfettamente ogni pensiero. Le parole in generale non sono capaci di ridare la complessità della realtà, indipendentemente dall'esistenza di migliaia di lingue, ma questa è già un'altra storia...

Chiudo con due aforismi in tema e un quadro di un pittore ungherese della mia città (dove mi trovo in questi giorni).

"I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo." (Ludwig Wittgenstein)

"Solo la musica è un linguaggio universale che non ha bisogno di essere tradotta, ed è per questo che parla all'anima." (Berthold Auerbach)

József Rippl-Rónai, Nel giardino di Villa Roma* (1910)
* Villa Roma si trova in cima a una collina di Kaposvár, e adesso è allestita a museo, dedicato al pittore.

9 commenti:

Giulia ha detto...

Penso spesso all'esperanto in questo periodo (anzi volevo quasi scrivere un post ma sono sempre di fretta). Il fatto è che qui ho amici di molte nazionalità diverse e capita spesso di usare lo svedese come lingua franca anche se magari, al momento, non c'è nessuno svedese nel gruppo- ma manca a ognuno di noi l'espressività propria della lingua madre. In quei momenti mi chiedo se non varrebbe la pena di avere un'unica lingua franca europea (mondiale no, mi sembra utopistico al momento) che venga insegnata fin da piccoli e che non soppianti le lingue nazionali ma le affianchi. L'esperanto sarebbe perfetto, è composto di radici europee (vabbé, indoeuropee, ma c'è chi dice che la struttura assomigli all'ungherese, io non lo so :D). Secondo me non c'è problema nell'artificialità, venendo usata la lingua finirebbe con l'evolversi e acquisire un'espressività fornita dal contatto con le lingue vive. Anzi, non essendo ancora legata ad un contesto sarebbe una specie di materiale duttile: se ogni lingua è un modo di interpretare il mondo, l'esperanto evolvendosi potrebbe diventare un po' alla volta una somma delle interpretazioni. Tempo fa l'ho studiato un po' e ho letto qualche racconto e poesia e pur essendo linguisticamente scarni (com'è ovvio in una lingua che non ha alle spalle un immaginario condiviso), emozioni e caratteri erano immediatamente comprensibili. Ma non credo che andrebbe usato per scrivere letteratura, almeno fin quando non venga spontaneo a molti, ma per facilitare i processi commerciali ed (eventualmente) scientifici, per comunicare le "cose necessarie".
Secondo me vale la pena pensarci, gli europei si stanno mescolando sempre più e se non succede qualche catastrofe, quando noi saremo vecchie potremmo essere tutti in un grande Paese.

Anonimo ha detto...

Sarebbe sicuramente un impoverimento, ma cosi finiremo finalmente di essere divisi su tutto, ci sarebbero molte meno guerre (forse nessuna) e potremmo finalmente essere un solo genere umano. Girando in tutto il mondo per lavoro mi rendo conto di quanto le lingue siano una barriera insormontabile. Allora si, preferirei perdere la ricchezza culturale ma avere un mondo alla fine migliore. Almeno secondo me.

Kata ha detto...

@Giulia: la penso proprio come te. L'esperanto posso immaginarlo solo come seconda lingua, e sicuramente è più realistico pensare in termini europei piuttosto che mondiali. Non ho mai studiato l'esperanto, quindi non ho idea come sia la sua struttra grammaticale. Spero per tutti che non sia come quella dell'ungherese! ;)
In ogni caso rimane un'idea utopistica pure per l'Europa, secondo me. Considera quanta gente parla soltanto la propria lingua madre e nessuna lingua straniera. Chissà quando arriverà il momento in cui tutti ne parleranno almeno due...

@Gatto: la tua opinione è molto ottimistica. Purtroppo le guerre si fanno anche tra gruppi di persone che si capiscono perfettamente (dal punto di vista linguistico). Pensa solo alla guerra jugoslava. Purtroppo ci sono anche le religioni a dividere l'umanità.

unitalianoastoccolma ha detto...

Anch'io sono convinto che se si parlasse una sola lingua il mondo sarebbe molto più povero. Non solo dal punto di vista comunicativo ma anche - come dici tu - da quello emotivo. Sarebbe molto più interessante riuscire ad ottenere esattamente le stesse sfumature a prescindere dalla lingua usata. Ma anche questa è chiaramente utopia!

In ogni caso, per noi italianofoni sarebbe una perdita se tu smettessi di scrivere in italiano! ;-)

Anonimo ha detto...

Ciao Kata, mi piace molto il tuo blog, e dato che io purtroppo non parlo l'ungherese, spero che tu continui con l'italiano! Alice

Kata ha detto...

@Federico e Alice: grazie dell'incoraggiamento. :) Non avevo intenzione di smettere di scrivere in italiano. Mi chiedevo solo se non fosse il caso di cominciare a scrivere anche in ungherese. Ma non credo che troverò il tempo... Intanto continuo a scrivere il mio diario in ungherese, anche se da quando ho un blog, ci scrivo molto più raramente.

Bad Grass ha detto...

Secondo me, parlar tutti una sola lingua sarebbe orwelliano, altro che John Lennon! Non so se sarebbe una bella cosa...

Bad Grass ha detto...

Beh, forse il riferimento a John Lennon non era tanto chiaro: intendevo i celebri versi di "Imagine" ("Imagine there's no countries").

Kata ha detto...

@Bad Grass: infatti, Lennon parla di "no countries" e "no religion", non di "no languages" :)