martedì 7 settembre 2010

La percezione del cambiamento

A volte mi fermo a pensare e mi meraviglio di questo cambiamento. Ma sta succedendo davvero? Ma è finita davvero? Non riesco a percepire veramente che la mia vita fiorentina sia finita. Vive così chiaro e nitido in me. I volti delle persone e i luoghi che mi legano a loro: la sala delle riunioni del Dipartimento dove dopo ogni pranzo facciamo due chiacchere con i colleghi, gli spazi angusti della mensa, le palestre dove ho passato tante serate spensierate tra risate e pallavolo, gli aperitivi al Cafè de Paris e al Kitsch o al Rifrullo.
E poi le strade della città tante volte battute, la Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella di cui sono innamorata, il lampredottaio di Piazza dei Cimatori, passare la serata dentro gli Uffizi e fermarsi un attimo nel corridoio del secondo piano a guardare Palazzo Vecchio illuminato (il panorama più splendido in assoluto della città), il volto disegnato da Michelangelo sulla facciata di Palazzo Vecchio che pochi conoscono, la faccia emozionata e stupita dei turisti, i quadri degli Uffizi (l'Annunciazione di Simone Martini, l'Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, La calunnia di Botticelli: i miei preferiti), la trattoria scoperta accanto a Piazza Pitti dove si pranza un pasto completo con 15 euro.
E la nostra casetta tanto coccolata in piazza Dalmazia che abbiamo lasciato con molta tristezza, il vicino di sotto che la domenica cantava a squarciagola, i giovani immigrati nel palazzo di fronte, il gatto grasso del negozio Vodafone sotto di noi che del resto ci conosceva bene per via di tutte le volte che qualcosa cascava dal nostro balcone nel loro cortile.

Quando arriverà il giorno in cui percepirò che è finita davvero?

Mi manca anche l'Ungheria. Ma a quella mancanza mi ero già abituata. E riuscivo a rimediare tornando a casa spesso (5-6 volte all'anno). Mi mettevo in macchina la mattina e nel tardo pomeriggio ero a casa. Ora come farò a tornare sia in Italia che in Ungheria 5-6 volte all'anno?

Ho già scritto un anno e mezzo fa nell'altro blog del mio rapporto particolare con il passato (intitolato "Il fattore tempo"). Sono consapevole quanto rimanga attaccata ai ricordi del passato. Dedico una canzone a questo momento di nostalgia, di uno dei miei cantanti ungheresi preferiti (Akos), un classico del 1991 intitolato "Qualcosa è finita".

5 commenti:

gattosolitario ha detto...

La nostra vita é un pochino cosi, senza un posto dove stare. Io a volte mi sogno la notte la casa di Uppsala, ma mai Napoli. Chi sa come mai.

Poi tra qualche anno, se ti trovi bene qui, inizierai a sentirti a casa ad Örebro, o almeno lo spero per te.

Carin ha detto...

Per me è il contrario. Appena ho lasciato un posto non mi sento più a casa lí, anche se ho bel ricordi del posto e ci torno volentieri, ma non è più il mio posto. Forse perché io non mi sento mai veramente a casa, mi sento come una straniera dappertutto...

Kata ha detto...

Mi sembra che diciate la stessa cosa ("senza un posto dove stare", "straniera dappertutto"). Per me è diverso. Rimango attaccata a troppi posti. Örebro è la quinta città nella mia vita (se non conto la cittadina dove avevo passato i primi cinque anni della mia vita...). E spero bene che non dovrò sperimentare una sesta, ma semmai tornerò in una delle altre quattro!

Carin ha detto...

Forse mi senti così perché questa è la città numero otto per me? È non ci voglio neppure restare più di ancora due o tre anni.

Kata ha detto...

Ok. Hai vinto tu! :)
A parte gli scherzi... Caspita! Ma tutte in Italia e Svezia o c'è stato anche qualche altro paese?